Padula si trova a sud-est della provincia di Salerno, nel Vallo di Diano, su due colli a 699 m s.l.m. Lungo il confine con Sassano scorre il fiume Tanagro, che attraversa il Vallo di Diano da sud a nord.
Padula dista 100 km da Salerno e 65 km da Potenza e circa dieci chilometri da Sala Consilina.
Per quanto riguarda la Classificazione sismica, rientra nella zona 1 (sismicità alta), Ordinanza PCM. 3274 del 20/03/2003.
Il nome di Padula deriverebbe dal latino medievale Paludem, cioè palude, mediante la trasposizione delle lettere D e L.: infatti in passato nella pianura sottostante si estendeva una palude.
Siti di rilevante interesse archeologico risultano gli scavi dell’antica Cosilinum e, in ambito tardoantico, l’Eremo di San Michele alle Grottelle e il Battistero di San Giovanni in Fonti o di Marcelliano (IV secolo), un antico battistero paleocristiano fondato su un preesistente tempio pagano.
Nella struttura urbana, si distinguono numerosi elementi medievali e moderni, a partire dal Castello Normanno, di cui restano ruderi della torre nel giardino di palazzo Padula, alle spalle della Chiesa di San Clemente; terrazzamenti lungo via della Madonnella; resti del muro di cinta lungo la salita di via Carlo Poerio, le Torri Angioine di casa Tepedino (Via Nicotera) e casa Marsicovetere (Piazza Trieste e Trento), ambedue in prossimità del Castello.
Notevoli anche i palazzi di Età moderna: Palazzetto Sanseverino o Di Stasio: resti della facciata merlata con stemma della famiglia in Via Municipio; Porta dell’Auliva: Sita in via Vittorio Emanuele II (rione Torno), vicinissima alla Chiesa di San Giovanni, rappresenta la presenza più antica di accesso alla Terra; Palazzo Baronale: sito in via San Giacomo, rappresentava la seconda residenza dei signori di Padula; Porta di Sant’Antonio o della Chianca Vecchia: in via Vittorio Emanuele III, nei pressi della piazza principale (Umberto I o I Fossi), fino agli anni Sessanta presentava anche la torre fortificata poi trasformata in abitazione privata; all’imposta dell’arco è scolpito lo stemma dell’Università; Palazzo Rienzo: settecentesco, con attigua cappella di San Vito in Via Francesco de Sanctis; Palazzo Trezza: di fronte alla Chiesa di San Martino con portale e pozzo in pietra e giardino pensile; Palazzo Petrella: in via San Domenico alla Tarpea, che si segnala per il giardino pensile; Palazzo Sasso Santelmo, seicentesco con portale bugnato, cortile interno e giardino; il Portale dell’Ospedale della SS. Annunziata, presso la chiesa omonima ed il sacrario dei Trecento, con lo Stemma dell’Università; Casa Castillejo (con colombaia settecentesca), Casa De Nicolellis e Di Gregorio; i Palazzi della Famiglia Romano: in Largo I Luglio e in Via Costantinopoli, dove è ben conservato un frantoio tradizionale con le macine mosse da muli; Palazzo Netti: di fronte alla Chiesa Madre di San Michele Arcangelo, con pozzo di pietra e antica farmacia; Palazzo Santelmo: con pozzo in pietra sulla loggia a valle.
La certosa di Padula, o di San Lorenzo, è una certosa situata a Padula, nel Vallo di Diano, in provincia di Salerno. Si tratta della prima certosa ad esser sorta in Campania, anticipando quella di San Martino a Napoli e di San Giacomo a Capri.
Occupando una superficie di 51.500 m², contando su tre chiostri, un giardino, un cortile ed una chiesa, è uno dei più sontuosi complessi monumentali barocchi del sud Italia nonché la più grande certosa a livello nazionale e tra le maggiori d’Europa.
Dal 1957 ospita il museo archeologico provinciale della Lucania occidentale e fu dichiarata nel 1998 patrimonio dell’umanità dall’UNESCO assieme ai vicini siti archeologici di Velia, Paestum, al Vallo di Diano e al parco nazionale del Cilento. Dal dicembre 2014 fa parte dei beni gestiti dal Polo museale della Campania. Nel 2017 ha fatto registrare 87.626 visitatori.
Giuseppe Petrosino, detto Joe, è stato un poliziotto italiano naturalizzato statunitense, un pioniere nella lotta contro il crimine organizzato. Le tecniche di lotta al crimine, di cui Petrosino è stato ideatore, sono ancora oggi praticate dalle forze dell’ordine.
Nacque a Padula, in provincia di Salerno, il 30 agosto 1860, di famiglia modesta, non povera: con il suo lavoro di sarto, il padre era riuscito a far studiare i suoi quattro figli maschi. Infatti, i fratelli Petrosino furono fra i pochi, nel paese, a ricevere un’adeguata istruzione che gli permettesse di leggere e scrivere, grazie ad un istitutore che per poco denaro o del cibo, si recava nelle case e famiglie migliori istruendone i figli. Emigrò con la famiglia a New York nel 1873 e crebbe nel sobborgo di Little Italy. Il piccolo Giuseppe per vivere si mise a vendere giornali, a lucidar scarpe e a studiare la lingua inglese. Nel 1877, Joe (come ormai si chiamava) prese la cittadinanza statunitense, facendosi assumere l’anno dopo come netturbino dall’amministrazione newyorkese. Era caposquadra quando, una dopo l’altra, erano cominciate ad arrivare in America le fitte schiere degli emigranti italiani.
Questo fenomeno aveva posto le autorità americane di fronte a gravissimi problemi, primo quello dell’ordine pubblico. I poliziotti, quasi tutti ebrei o irlandesi, non riuscivano a capire gli italiani né a farsi capire da loro: questo generava un clima a favore delle organizzazioni criminali che giunsero in breve a controllare una parte di Little Italy.
Il battistero di San Giovanni in Fonte è un battistero paleocristiano di Napoli, attualmente collegato alla cattedrale.
È situato a destra dell'abside della cattedrale più antica, la basilica di Santa Restituta, anch'essa oggi collegata come cappella all'attuale cattedrale di Santa Maria Assunta.
Si tratta di un piccolo locale cui si accede tramite una porta lungo la navata laterale destra della basilica.
L'edificio battesimale è costituito da piccoli conci di tufo e si compone di due parti ineguali: la sala battesimale propriamente detta, a pianta quadrata (lato di 7,60 m) e collegata con la basilica di Santa Restituta sul lato sud, ed un portico rettangolare (4,80 x 6,25 m) sul lato nord, separato dalla sala tramite quattro sottili colonne e coperto da una bassa volta.
Il porticato presenta due aperture, di cui una si affaccia sulla sala battesimale e porta al palazzo episcopale, l'altra conduce in una sala della curia diocesana. Il pavimento del portico è in mattoni. Le quattro identiche colonne che marcano il passaggio tra i due locali non sono equidistanti tra loro e presentano fusti privi di base, sormontati da quattro semplici capitelli a cubo ornati da croci monogrammatiche con l'alpha e l'omega.
La sala battesimale è addossata sul lato ovest all'abside della basilica di Santa Restituta, mentre sulla parete est è aperta una finestra. Sul lato sud una porta aperta nel 1647 permette l'accesso alla sala dalla navata destra della basilica. L'ambiente è coperto da una cupola con calotta estradossata, che si imposta su pennacchi a tromba; il passaggio tra il quadrato e il cerchio alla base della cupola avviene tramite un tamburo ottagonale. Quattro lati dell'ottagono presentano una superficie piana e scendono perpendicolarmente sul quadrato inferiore, gli altri quattro lati del tamburo, corrispondenti ai quattro angoli della sala, sono circolari, come delle nicchie angolari, basse, coniche e voltate come absidiole.
In origine la sala battesimale doveva costituire un edificio a sé, non connesso alla basilica, il cui pavimento si trova ad un livello più alto. Le originarie porte di accesso si aprivano sul lato occidentale, e quattro finestre si aprivano sul tamburo ottagonale della cupola. Il portico rappresenta un'aggiunta successiva. La cortina muraria delle pareti est e nord mostra segni di numerose modificazioni.
La volta e il tamburo del battistero erano ricoperti di mosaici datati al V secolo. Lo sfondo presenta una tonalità predominante di blu turchese e verde, con parti in oro. Ne sono rimaste alcune scene, in parte frammentarie.
La calotta della volta è decorata con un cielo punteggiato da stelle d'oro, bianche e blu, a otto raggi, di ineguale grandezza, e sul quale si staglia il monogramma di Cristo (Chrismon) tra le lettere alfa e omega. Al di sopra della croce compare la mano di Dio che regge una corona di alloro annodata da due nastri le cui estremità svolazzano a destra e sinistra.
La cornice a fondo d'oro che circonda la calotta è decorata di rami, palme, canestri di frutta sui quali si posano uccelli di vario genere, tra cui pavoni, fagiani, pernici, pappagalli. Su un piccolo poggio tra due palme è appollaiata la fenice nimbata. Da questa bordura ricade una drapperia blu con filetti dorati e otto ghirlande di fogliame, frutti e uccelli, nascenti da cantari ansati, di cui ne rimane solo una per intero. Queste ghirlande nascono da cantari ansati e ospitano all'interno scene bibliche, di cui ne rimangono quattro.
In piedi su un globo blu, il Cristo barbato e nimbato porge a Pietro con la mano destra un rotolo svolto sul quale si legge «Dominus legem dat». A destra Pietro avanza verso il Cristo e si tende per ricevere il dono, con le mani coperte per rispetto dai lembi del pallio e porta sulla spalla destra una croce monogrammatica. Dietro di lui si vede una palma. L'altro lato della scena è praticamente distrutto: non rimane che il piede e la parte inferiore dell'abito di Paolo, così come la base della seconda palma.
In un altro scomparto due scene della vita del Cristo sono giustapposte: l'incontro con la samaritana al pozzo e il miracolo di Cana. A sinistra del pozzo è seduto il Cristo. La testa e le spalle sono scomparse, ma rimane il braccio destro disteso al di sopra del pozzo verso il secchio retto dalla samaritana. La samaritana è in piedi, di faccia, il peso del corpo sostenuto dalla gamba destra, la gamba sinistra flessa e il ginocchio sinistro sporge dall'abito. Nella mano destra solleva un piccolo secchio come per offrire da bere al Cristo. Il braccio sinistro ricade lungo il corpo. Dietro di lei sono disposte su due ranghi sei giare, le prime più piccole delle seconde, contro le leggi della prospettiva. Sul piano arretrato due servitori portano sulla spalla destra ciascuno un'anfora di cui versano il contenuto in una giara.
A destra della Traditio legis rimane una scena incompleta, con un uomo in piedi, nimbato, girato a destra. Davanti a lui un mare dove si vedono dei pesci. Sopra, si distingue un uomo in una barca. Gli archeologi ritengono che si tratti della pesca miracolosa, o di Pietro salvato dalle acque da Gesù o ancora una combinazione tra le due scene. Una terza ipotesi può essere formulata, ed è quella che l'artista abbia voluto rappresentare la chiamata di Pietro e Andrea, come a Sant'Apollinare Nuovo.
Un personaggio in sandali, tunica clavata e pallio è seduto su una pietra e tiene nella mano sinistra un volume. Dietro di lui, si vede il basamento di un edificio. Si è d'accordo nel riconoscere in questo personaggio l'angelo assiso sulla tomba. Le pie donne che gli si avvicinavano sono sparite quasi completamente, rimane solo il volto di una e parte del capo coperto da un velo di un'altra.
Nelle nicchie concave angolari del tamburo sono rappresentati i quattro simboli degli evangelisti. L'aquila è sparita, il bue si distingue appena, ma l'angelo e il leone sono intatti. Tutti e due sono muniti di tre paia d'ali conformemente al testo dell'Apocalisse di Giovanni. Non hanno il nimbo, ma ai lati del loro capo sono disposte cinque stelle. Il leone è visto di faccia, gli occhi brillanti, la gola aperta come per ruggire. L'angelo, di tre quarti, il viso leggermente girato a destra, ma lo sguardo diretto a sinistra, ha un'espressione dura.
Sugli archi delle nicchie si vedono due piccoli pastori, seduti di sbieco. Verso l'uno si dirigono due pecore, verso l'altro due cervi che vanno a bere alla sorgente di vita. Colombe e palme completano la scena.
Nei pannelli intermedi si vedono quattro personaggi in piedi, in tunica e pallio, che tengono corone. Le loro pose differiscono sensibilmente l'una dall'altra: uno di loro innalza la sua corona con la mano destra e nello stesso tempo anche un lembo del suo pallio.
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